(In)Sofferenza

Ho sviluppato un’acuta forma di poco velata insofferenza. Proprio così. Più passa il tempo e più certi atteggiamenti di alcune persone li trovo insopportabili. Persone che pensano solo a loro stesse, persone che ignorano la sofferenza che causano agli altri, persone che fingono di tenere a te ma poi sostanzialmente si fanno i cazzi loro. E alla fine ti ritrovi con in mano un bel pugno di mosche.
Sì, perchè per quanti sforzi facciamo nella vita, per quanto cerchiamo di essere attenti agli altri, a trovare compromessi, a cercare di non calpestare il cuore di chi ci sta accanto e non tradire il nostro, prima o poi incontreremo qualcuno sulla nostra strada che farà tutto questo senza nemmeno voltarsi a vedere i danni che ha causato. Questo qualcuno ci guarderà con aria assente e sbalordita e dirà che no, non voleva ferire i nostri sentimenti, ignorarci, farci stare male, farci mettere da parte tutto l’orgoglio con la speranza che “forse un giorno capirà e verranno ripagati tutti gli sforzi”. Lo farà, e sarà sconcertante la convinzione con cui dirà tutta questa bella serie di frasi fatte e sentite fino allo sfinimento.
Come dire… alla fine gli stronzi siamo sempre noi. Stronzi, ma col cuore spezzato.
E allora che fare? Diciamo basta. Basta a chi si prende la libertà di giocare con il nostro cuore pur di non toccare il suo ego, basta a chi si nasconde dietro a “volevo, credevo, non immaginavo” falsi come i soldi del monopoli (sì, perchè se “sai” non puoi dimenticare tutto e cadere dalle nuvole!), basta a chi cerca di addossarti colpe che sono solo sue.
Perchè alla fine, se vogliamo parlare di colpe, dobbiamo dire che una colpa ce l’abbiamo. E anche bella grande. Quella di credere. Credere che un giorno arriverà quello che nel cuore sentiamo di meritare. Credere che il bene, il rispetto, l’attenzione che dedichiamo agli altri prima o poi toccherà anche a noi, perchè qualcuno si accorgerà di comportarsi come un deficiente di prima categoria e tornerà per chiederci scusa e trattarci come vorremmo, come chiunque vorrebbe. Credere che arriverà anche per noi il giorno in cui potremmo guardarci intorno e renderci conto che tutto va come deve, che è la nostra personale idea di perfezione imperfetta. Credere che davvero le parole hanno un significato, e che quel significato si manifesti nelle piccole cose di tutti i giorni, gesti di amore, gesti di attenzione, gesti di fiducia incondizionata.
Sì, perchè alla fine non sono i film romantici che ci rovinano. Sono i nostri sogni.

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Le giornate “così”

Per quanto si provi ad evitarle alla fine arrivano sempre. Le classiche giornate “così”. Dove “così” non è una sola parola di 4 lettere, no… è proprio un modo di essere. Vuol dire “oggi è una di quelle giornate che avrei evitato”, oppure “oggi è una giornata in cui niente poteva andare storto, ma non è andata esattamente secondo i programmi”. Così.

Ti svegli una mattina, hai i tuoi bei propositi per la giornata, e poi non si sa come finisce tutto all’aria. Una telefonata, una cazzata dall’altra parte del filo, nervi a fior di pelle. E avanti così. Appunto, “così”.

La conclusione di queste giornate, che di solito riservano sempre brutte sorprese e nervosismo, che tutti ci eviteremmo con tanta gioia, è che inevitabilmente porta a riflessioni semi-serie, per non dire catastrofiche riflessioni sulla propria esistenza e sul senso della vita. Insomma, un dramma che segue il dramma.

Perchè uscire fuori dal selciato quindi? Stasera rientro pienamente nel clichè. Per tutto il giorno ho avuto addosso un peso sul cuore, pensieri informi che si formavano nella mia testa, andavano, si rincorrevano, si nascondevano, tornavano.

La cosa a cui più ho pensato oggi è il valore che abbiamo noi per gli altri. Insomma, da piccoli ci hanno insegnato a pensare agli altri, a metterci nei loro panni, capirli, aiutarli. Poi si cresce. Quegli insegnamenti valgono ancora oppure erano solo parole? Lo sbaglio che commettiamo più spesso è quello di credere sempre che gli altri siano come noi, che siano disposti a mettere prima il bene altrui e poi il proprio. Un grandissimo errore. La cosa brutta è che la maggior parte delle volte è proprio chi ci sta più vicino a scivolare in questi errori. Noi proviamo ad aprirci e farci capire, e in cambio otteniamo un bel muro invalicabile, impossibilità di parlare, comunicare, scavalcare il confine e chiarire.

A che serve aprirsi e provare a confrontarsi se dall’altra parte non c’è la stessa volontà? A che serve se tanto sempre e comunque verremo accusati di essere noi quelli chiusi, noi quelli che non comprendono, noi i “cattivi”?

E’ davvero una pessima sensazione, come un fallimento. Ci si affanna tanto per fare quadrare sempre le situazioni, per accontentare tutti, per essere libri aperti, per non fare pesare sugli altri tutto il male che ci mangia dentro, e poi? Poi il male finisce che ci mangia da fuori, attraverso gli altri. Attraverso i comportamenti che non vengono capiti, alle domande che non vengono fatte, ai sentimenti che vengono calpestati quando invece vorremmo che fossero trattati con riguardo come faremmo noi stessi, attraverso la fragilità che vogliamo nascondere a tutti i costi e poi ci presenta il conto sotto forma di lacrime e rabbia per come vanno le cose, la vita. Così.

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Farfalle

Questo testo di Mario Quintana mi è sempre piaciuto molto. Esprime con semplicità concetti altrettanto semplici quanto difficili da tenere a mente in alcune situazioni… Buona lettura, e buona riflessione!

Quando poniamo molta fiducia o aspettative in una persona, il rischio di una delusione è grande. Le persone non esistono in questo mondo per soddisfare le nostre aspettative cosi come noi non siamo qui per soddisfare le loro. Dobbiamo bastare… dobbiamo bastare a noi stessi sempre, e quando vogliamo stare con qualcuno dobbiamo essere coscienti che stiamo insieme perchè ci piace, lo vogliamo e stiamo bene, giammai perchè abbiamo bisogno di qualcuno. Una persona non ha bisogno dell’altra, esse si completano… non per essere due metà, ma per essere un intero, disposte a condividere obiettivi comuni, gioia e vita. Nel corso del tempo, ti rendi conto che per essere felice con un’altra persona, è necessario, in primo luogo, che tu non abbia bisogno di questa persona. Comprendi anche che la persona che ami (o pensi di amare) e che non vuole condividere niente con te, sicuramente, non è l’uomo o la donna della tua vita. Impari a volerti bene, a prenderti cura di te stesso, e principalmente a voler bene a chi ti vuole bene. Il segreto non è prendersi cura delle farfalle, ma prendersi cura del giardino, affinché le farfalle vengano da te. Alla fine troverai non chi stavi cercando, ma chi stava cercando te.

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Titanium

Da quando mi è capitato di sentire questa versione della canzone mi è rimasta in testa…

I’m bulletproof, nothing to lose
[…]
You shoot me down but I won’t fall
I am titanium…

 Siamo davvero a prova di proiettile quando qualcuno o qualcosa ci colpisce nel profondo? Riusciamo davvero ad essere come il titanio, apparentemente fragili ma in realtà leggeri e resistenti?

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Tutto, tanto, troppo

Come facciamo a sapere quando qualcosa è troppo per noi? Troppa delusione, troppe aspettative, troppi desideri, troppe cose che non vanno come vorremmo… Si arriva a un punto in cui sentiamo di dover fare qualcosa, ma cosa? Agire significa essere pronti a un cambiamento, pronti per dare una scossa a quel troppo che ci sovrasta, pronti a far diventare “meno” quel “troppo”. Cosa succede se non siamo pronti per fare questo benedetto salto della quaglia (citando liberamente Bridget Jones)? Se sentiamo che una situazione ci sta stretta e vorremmo cambiarla, ma al tempo stesso quel cambiamento sembra forzato perchè dettato dall’esasperazione e non perchè frutto di una scelta vera e ponderata? Sto sbattendo la testa da mesi contro questo dilemma, in particolare modo nelle ultime settimane, e l’unica sensazione certa è l’incertezza, il non equilibrio, un filo sospeso per aria sul vuoto dell’indefinito (e vertigini a non finire). Odio sentirmi così, sull’orlo del non-so-cosa. Lo odio perchè non sono così, perchè non lo sono mai stata, e questo temporeggiare mi riempie solo la testa di ulteriori domande a cui non riesco a stare dietro. Se dall’altra parte vedessi un cambiamento, una volontà di esserci, di provarci, un’apertura nelle azioni e nel pensiero sarebbe tutto molto diverso. Ma come si risponde all’incerto? Quando nemmeno il silenzio riesce più a smuovere le acque? Quel silenzio non funziona più, urla dentro… e si fa sentire.

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What a bad feeling

Oggi è stata una giornata pazzesca. Non mi era mai successo di portarmi dietro una sensazione tanto brutta per così tanto tempo con la stessa intensità del momento in cui si è verificata. Non che non sia mai successo, ma questa costanza e persistenza mi è nuova. Questo dolore morale e fisico, quella palpitazione che mi ricorda in ogni istante quello che è successo ieri e non vuole abbandonarmi. Per una che ha sempre la pressione bassa, quasi da zombie, stare tutto il giorno con i battiti a mille e una pessima sensazione di agitazione generale è una cosa nuova e inaspettata di cui avrei fatto volentieri a meno…

Degno seguito della nottataccia trascorsa a pensare alle cose successe e dette, alla rabbia, all’incredulità. Non so chi l’abbia detto per primo (forse Murphy, quello famoso delle leggi sfigate?), ma chiunque sia credo che abbia una grandissima ragione: non c’è mai limite al peggio. Uno crede sempre di sapere chi si trova di fronte, crede di conoscere le reazioni e l’arroganza delle persone… lo crede fino al momento in cui si trova di fronte all’improbabile (e impensabile): la follia. La follia vera. Quella che ti fa pensare di chiamare la neuro e richiedere un TSO immediato e (molto) duraturo.

Mi chiedo perchè continuo a stupirmi della cattiveria di certe persone, della loro arroganza e totale distacco dalla realtà. E’ una cosa che ho già visto altre volte, eppure continuo a sorprendermi… chissà poi perchè. Non so, forse sapere qualcosa non ci rende comunque consapevoli di quella stessa cosa, anche se ci capita sotto il naso e siamo testimoni allucinati di scene e comportamenti incomprensibili, cattivi, fuori di testa. Cosa ci rende così “incoscienti”? Forse un barlume di speranza? Speranza che se lasciamo qualcuno in pace e viviamo tranquilli la nostra vita quel qualcuno avrà la decenza di comportarsi allo stesso modo? Che cosa stupida. Stupida come l’arroganza e la tracotanza (quanto mi piace questa parola, troppo espressiva) di queste persone.

Resta solo una domanda: come fai a ignorare qualcuno che non puoi evitare e che ha come sport preferito quello di credersi Dio e renderti la vita impossibile?

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Leggerezza I miss you

A volte basta una sciocchezza per farti realizzare qualcosa di cui non ti rendevi più nemmeno conto… e così è stato per me. Non so per quale motivo, ma ieri sera mentre ero al telefono mi è preso un attacco acuto di risolina… mi facevano male le mascelle, respiravo a fatica, ma il tutto era giustificato da questa cosa bellissima che stava succedendo. “Adesso basterà una parola qualsiasi per farti ricominciare a ridere scommetto… scarpa!”. Pausa. Si ricomincia. Mi sono resa conto che erano secoli che non mi perdevo così in una risata, eppure a detta di tutti sono una persona allegra… Si potrebbe pensare che questa grave mancanza sia dovuta alla cosiddetta crescita. Invece no. Credo che si sia messa di mezzo la vita… quando succedono cose gravi, quando cresci e ti prendi oneri e doveri non tuoi, quando la spontaneità diventa un lusso. E così dimentichi da dove vieni, dimentichi la scemetta che eri, le risate immense che riempivano le tue giornate. Cose che ti fanno diventare nostalgica, quella nostalgia triste ma allegra, che nonostante tutto ti riempe il cuore. Quest’anno a capodanno non ho fatto nessun proposito, ma lo farò adesso. Voglio provare a ritrovare quella leggerezza che avevo, che mi manca, che vorrei come filosofia di vita. Non leggerezza nel senso di sufficienza, ma leggerezza come delicatezza, incoscienza “buona”, sorrisi, levità. Leggerezza come godersi le cose belle lasciando da parte per una volta gli impegni e le cose che gli altri si aspettano da te. Leggerezza come vivere gli anni che ho e lasciare chiusi nel baule tutti quelli che mi sento. Serendipity. Ecco.

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Daily thoughts

“Understand what I’ve become
It wasn’t my design
And people everywhere think
something better than I am
But I miss you, I miss
‘Cause I liked it, ‘cause I liked it
When I was out there
d’you know this, d’you know
You did not find me, you did not find
does anyone care”…

Spotify acceso, in cerca di ispirazione per proseguire il lavoro, il percorso che ho intrapreso. Scoprirsi a fissare lo schermo del pc in mezzo a pensieri improvvisi. A volte le parole di una canzone ti colpiscono nel momento più inaspettato.
Nella vita esiste davvero un disegno? Ognuno sceglie la sua strada, e per un motivo o l’altro può capitare che devii il suo percorso e segua altre rotte, magari più difficili ma che alla fine rendono felici.
Quindi quale era il vero disegno? Quello iniziale, voluto, cercato, desiderato… o quello “capitato” dopo? E cosa ci dice che l’uno o l’altro inizialmente – o in seguito – era sbagliato o più sbagliato dell’altro? Cosa rende “giusta” la strada che scegliamo di percorrere se entrambe sembrano corrette nel momento in cui decidiamo di farle nostre?
Ai posteri l’ardua sentenza, così si dice… io intanto mi immergo nella musica!

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Bivi

Quanta forza possiamo contenere dentro? Quanta rabbia? Quanta sopportazione?

A volte nella vita ci troviamo davanti a deviazioni e bivi, e non sempre sappiamo dove andare e come comportarci. A volte manca proprio la bussola… una bussola mente/cuore più che una classica coi punti cardinali.

Se le cose fossero sempre facili anche le scelte che ne derivano lo sarebbero. E non staremmo qui a torturarci e pensare e ripensare… a cosa poi? Si sa che alla fine si agisce di istinto. Magari per un sentore che abbiamo, o per un momento di rabbia. O semplicemente euforia del momento. E poi, cosa succede? La strada che intraprendiamo davvero finirà per soddisfarci? Quando ci troveremo poi di fronte ad altre scelte, ci pentiremo di avere scelto quel sentiero?

Quando abbiamo a che fare con altre persone è sempre un casino. “Vienimi incontro”, “Capiscimi” ci sentiamo dire. Ma quanta verità e quanto sacrificio c’è dentro le azioni che ci portano a queste domande o a sentirle pronunciare?

E’ difficile fare la scelta giusta quando mente e cuore fanno solo a cazzotti. L’orgoglio ti guida da una parte, il cuore va dal lato opposto. E ti trovi ad accumulare e accumulare… sperando che le cose si risolvano. Ma quanto è giusto questo? Quanto si può accumulare prima di esplodere? Quanto siamo disposti davvero al sacrificio personale per il benessere dell’altro anche se questo ci costa molto?

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Anche basta

Sinceramente? Mi avete rotto. Mi sono scocciata. Davvero. Non so più come cavolo mi devo comportare perchè benchè io sia una persona fin troppo razionale, accosto a questa razionalità una forte emotività e impulsività col risultato che in certe situazioni mi ritrovo a dare corda a persone ignoranti che non hanno capito un cazzo nella vita. O forse sono io a non avere capito nulla visto che continuo a rientrare in questi schemi infiniti. Mi chiedo come si faccia all’età di 40 anni ad avere la testa di un bimbetto che ha 5 anni, a non rendersi conto del modo in cui vanno le cose, a capire. Perchè io di anni ne ho un bel pò di meno, eppure sulle mie spalle di (allora) ventiseienne mi sono presa la responsabilità di una casa e di una famiglia prendendo un ruolo non mio, e l’ho fatto perchè era giusto farlo. E lo faccio da quattro anni. Mentre questi quarantenni d’oggi, oltre a non avere combinato nulla e – in un caso – essere anche spariti, hanno anche la faccia tosta di mettersi a giudicare e criticare senza farsene sfuggire nemmeno una. Fanno i padroni, si comportano come se esistessero solo loro e come se tutto fosse dovuto. E certo, loro sono in vacanza. Peccato che vorrei andarci pure io in vacanza perchè io non ho pause mai, estate e inverno, e magari – magari! –  anche io ogni tanto mi vorrei rilassare e fare il cavolo che mi pare! Invece non mi posso assentare nemmeno pochi giorni perchè poi carico tutto il peso all’unica persona che invece avrebbe bisogno di scaricare il suo, e questo non mi va. E tutto ciò perchè in circolazione ci sono questi schifosi esseri spregevoli che invece di capire e aiutare e fare ognuno il suo, preferiscono farla da padroni e rompere e criticare e infastidire e ridere in faccia. Ecco, questo anche no. Mi chiedo come si faccia ad essere così superficiali e ciechi, stupidi e ciechi. Davvero non lo capisco. Perchè di gente gonfia di boria ne ho vista e conosciuta nella mia vita, ma a questi livelli non ero mai arrivata. Uno crede sempre di aver visto e sentito il peggio, e invece il peggio è sempre lì in agguato. Tocchi il fondo? Bene, inizia a scavare. Gli amici a dirmi che me ne devo fregare ed essere indifferente. Hanno ragione, ma non riesco, non riesco più. E’ logorante, è una cosa che veramente mi fa stare male. Ha ragione chi dice parenti serpenti, mai verità è stata più assoluta. Che schifo.

 

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